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Solo 9 dei 256 miliardari hanno mantenuto la promessa di Bill Gates e Warren Buffett di donare metà della loro fortuna

The Giving Pledge, la campagna filantropica fondata nel 2010 da Bill Gates, Melinda French Gates e Warren Buffett, ha invitato le persone più ricche del mondo a impegnarsi pubblicamente a donare almeno il 50% del proprio patrimonio in beneficenza, sia in vita che tramite testamento. Tuttavia, dopo 15 anni, solo nove dei 256 miliardari che hanno firmato l’impegno hanno raggiunto questo obiettivo, secondo il rapporto “The Giving Pledge at 15” dell’Istituto di Studi Politici (IPS). Il rapporto, condotto da Chuck Collins insieme al suo team dell’IPS, mostra che l’iniziativa ha raggiunto ben poco del suo obiettivo dichiarato. Molti dei firmatari sono oggi notevolmente più ricchi di quando hanno aderito all’impegno, mentre la maggior parte dei loro contributi viene convogliata verso fondazioni private e fondi consigliati dai donatori, invece di essere destinata direttamente a organizzazioni benefiche operative. Collins, erede di Oscar Mayer, che ha donato tutta la sua fortuna, ha incentrato la sua carriera professionale sui temi della disuguaglianza patrimoniale.

Principali risultati della ricerca

  • In totale, 256 persone, coppie o famiglie hanno firmato The Giving Pledge, di cui 194 negli Stati Uniti e 62 in altri paesi. Tra i firmatari statunitensi, 110 mantengono il loro status di multimiliardari, con un patrimonio collettivo di 1,7 trilioni di dollari (il 13% del totale dei multimiliardari statunitensi).
  • Dei 57 firmatari statunitensi originari del 2010, 32 sono ancora multimiliardari. Il loro patrimonio complessivo è cresciuto del 283% dal loro ingresso nell’iniziativa, ovvero del 166% al netto dell’inflazione. Solo 11 hanno perso il loro status di multimiliardari, nella maggior parte dei casi a causa di una diminuzione del patrimonio e non di donazioni.
  • Tra i donatori viventi che hanno firmato nel 2010, solo Laura e John Arnold hanno rispettato l’impegno di donare metà del loro patrimonio. Tra i 22 firmatari statunitensi deceduti, solo otto hanno mantenuto la promessa prima di morire e solo Chuck Feeney ha donato tutto il suo capitale in vita.
  • La maggior parte delle donazioni è destinata a intermediari: dei circa 206 miliardi di dollari versati dai firmatari originali del 2010, circa l’80% (164 miliardi di dollari) è andato a fondazioni private e una piccola parte a fondi consigliati dai donatori. Nel 2023, 44 fondazioni associate a questi miliardari avevano un patrimonio di 120.000 milioni di dollari e hanno effettuato esborsi con una media del 9,2%, percentuali solitamente inferiori alla rivalutazione di tali attività.
  • L’accumulo di ricchezza supera le donazioni: la velocità con cui crescono i patrimoni dei donatori supera gli importi donati, rendendo praticamente impossibile mantenere la promessa secondo le tendenze attuali.
  • Impatto fiscale: se tutti i donatori viventi mantenessero oggi la promessa, quasi 367.000 milioni di dollari andrebbero in beneficenza, ma ciò comporterebbe perdite fiscali federali fino a 272.000 milioni di dollari, con ripercussioni sui fondi pubblici, poiché i multimiliardari possono dedurre fino al 74% delle loro donazioni.
  • Concentrazione filantropica: il rapporto mette in guardia contro un “Grande Trasferimento di Ricchezza” che, insieme alle leggi fiscali e ai bassi tassi di erogazione, consoliderà le grandi fondazioni familiari e contribuirà a concentrare il potere, indebolendo la responsabilità democratica.

Raccomandazioni e posizioni

Il team dell’IPS propone di aumentare i requisiti minimi di pagamento, rafforzare la trasparenza e la responsabilità e stabilire tasse più eque per le grandi fortune al fine di evitare l’accumulo eccessivo e la dipendenza dalla filantropia privata. Inoltre, sottolineano l’importanza di “dare mentre si vive”, come ha esemplificato Chuck Feeney, per garantire che la filantropia vada realmente a beneficio dell’interesse pubblico e non solo degli interessi fiscali ed ereditari delle grandi fortune.

Da parte sua, The Giving Pledge ha risposto in un comunicato a Fortune, riconoscendo che il rapporto “solleva questioni importanti”, ma ha ritenuto che presenti “un’immagine fuorviante dell’impatto e dell’intenzione dei firmatari”. Secondo l’organizzazione, il rapporto ha escluso “forme significative di donazioni caritatevoli”, come quelle fatte a fondazioni e altri intermediari, e ha sottolineato che, in questi quindici anni, l’impegno ha creato una comunità globale di apprendimento e stabilito nuove norme di generosità.

Il rapporto sottolinea la tensione tra le promesse pubbliche dei miliardari e la portata reale delle loro donazioni, nonché l’effetto di queste pratiche sul sistema fiscale e sulla concentrazione del potere economico e filantropico.

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