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Scoperta in Siberia la tomba di un guerriero scita risalente a oltre 2.500 anni fa

Gli autori classici —principalmente Omero ed Erodoto— definivano il paese degli Sciti, la Scizia, come un luogo situato ai confini del mondo conosciuto e caratterizzato dalla nebbia e dalle “piogge eterne”, dove abitavano popoli “dagli occhi molto azzurri e dai capelli color fuoco”. La regione, che non esiste più con questo nome, corrisponde a quella che oggi conosciamo come Siberia (Russia): fu lì che quei temibili nomadi delle steppe si insediarono, tra l’Asia e l’Europa, dall’VIII a.C. al IV a.C. Poco si sapeva degli Sciti al di là dei riferimenti lasciati dalla letteratura, che oscillavano tra storia e leggenda, fino a quando, nel XX secolo, l’archeologia si recò in quel complesso territorio alla ricerca di risposte. Da allora sono stati scoperti aspetti affascinanti su di loro, come i tumuli funerari che al loro interno ospitavano i corpi tatuati dei loro re.

Una sepoltura eccezionale

Il guerriero fu sepolto nel VI secolo a.C. All’interno della tomba, oltre al suo corpo, sono stati trovati numerosi oggetti: “Una cintura composta da placche di bronzo che rappresentavano rapaci, una fibbia con l’immagine di una pecora di montagna, argali, placche di bronzo, piercing, uno specchio di metallo lucido, un set di coltelli, asce e frecce, un arco, nonché una potente ascia da battaglia in ferro, superiore alle asce da battaglia standard dell’epoca”, si legge nel comunicato.

Ed è proprio in questo elenco che risiede l’interesse del ritrovamento: a quel tempo, il ferro stava appena iniziando a entrare in circolazione e ad essere utilizzato per fabbricare armi, motivo per cui Pavel Mandryka, responsabile dello scavo e dottore in scienze storiche, sottolinea che “il guerriero scoperto possedeva il manufatto più raro e avanzato per l’epoca”.

Infatti, il ferro non si diffuse in questa regione del mondo fino a ben cinque secoli dopo, intorno al II secolo a.C., “durante il periodo di espansione geografica delle campagne militari degli Xiongnu”, contestualizza l’esperto, il che rende questa sepoltura eccezionale.

Una porta aperta sul mondo degli Sciti

Ma chi era questo guerriero e quale ruolo ricopriva nella società scita? Sebbene l’analisi dei resti abbia ancora molto da rivelare, finora gli esperti sostengono che, dalle caratteristiche delle sue armi (principalmente il martello e lo scudo), si trattava di un uomo appartenente all’élite del mondo scita-siberiano che “visse in un’epoca in cui gli echi della cultura scita emergente, insieme al flusso migratorio, passarono dalla steppa dell’Asia orientale ai nostri territori settentrionali”.

Sebbene in questo caso i resti ritrovati corrispondano indubbiamente a quelli di un uomo, Mandryka sottolinea che, a quell’epoca, sia le donne che gli adolescenti partecipavano alla guerra.

Ma questo è solo uno dei tanti aspetti che sono stati scoperti sugli Sciti dall’inizio dell’archeologia in questa regione, tra cui spicca la loro cultura sanguinaria: l’élite di questo popolo terrorizzava i propri nemici, e questo non solo è evidente nei documenti scritti dell’antichità, ma anche nelle tombe rinvenute fino ad oggi, così come in quelle che rimangono ancora nascoste, protette dal passare del tempo dal ghiaccio che le ricopre.

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