Negli ultimi anni, la gentrificazione dell’automobile a livello globale è sempre più evidente, anche se alcuni casi sono più evidenti di altri, come quello di Singapore: dove il lusso non è possedere una supercar, ma una normale auto di seconda mano. Con il mare sta succedendo la stessa cosa, ma a tutta velocità. La nautica sociale, quella degli appassionati che possiedono una piccola imbarcazione per navigare nei fine settimana, sta scomparendo gradualmente dai nostri porti fagocitati dai grandi yacht. Principalmente perché i prezzi degli ormeggi sono saliti alle stelle fino a renderli un prodotto di lusso riservato a pochissimi.
La gentrificazione del mare: quando i porti diventano resort
La gentrificazione ha raggiunto i moli e, poco a poco, vediamo come i porti turistici si trasformano in complessi di lusso con ristoranti, sale esclusive e servizi premium, mentre scompaiono gli spazi di base di cui ha bisogno il navigatore medio.
“Ci sarà spazio solo per chi possiede barche di lusso”, riassume Enrique Rey, socio di una scuola di vela nel Mar Menor, in un’intervista a El Confidencial. Secondo lui, un appassionato normale avrebbe solo bisogno di una recinzione per proteggere la sua barca e di un tubo flessibile per addolcirla. Ma questo modello non esiste: qui lo standard è già il porto turistico di lusso.
Il problema non è solo di prezzo, ma anche di disponibilità. Rafael Velasco, ingegnere navale e consulente, ricorda nella stessa intervista che “la crescita della popolazione nelle zone costiere ha fatto esplodere l’interesse per la nautica, ma l’offerta di ormeggi non è cresciuta allo stesso ritmo e in molti luoghi non può più crescere”. La conseguenza sono liste d’attesa interminabili nei porti pubblici e tariffe proibitive in quelli privati.
Lo squilibrio è particolarmente grave nelle Baleari, dove la pressione turistica e l’arrivo di armatori stranieri, favorito dalla “libertà di bandiera” dal 2010, ha moltiplicato la domanda. Molti residenti locali con imbarcazioni modeste si trovano oggi senza alternative.
Il modello del club nautico tradizionale in bilico
Storicamente, i club nautici sono stati enti senza scopo di lucro per promuovere la vela e gli sport marini. Ma la realtà è che molti sono diventati un modello di servizi esclusivi per soci con un elevato potere d’acquisto.
La grande domanda è: cosa intendiamo per “nautica sociale”? Per il Governo delle fino alle imbarcazioni di 12 metri. Per l’Autorità Portuale, solo fino a 8. E per molti armatori, dovrebbe semplicemente significare che qualsiasi residente possa avere accesso alla navigazione senza ipotecarsi.
Come avverte Antonio Estades, presidente dell’Associazione dei Club Nautici, “se questa tendenza si generalizza, la maggior parte dei residenti che oggi possiede un’imbarcazione non avrà più dove ormeggiarla. Sarà un disastro per la nautica”. Il mare, da sempre considerato uno spazio di libertà, rischia di diventare un lusso: ci sarà posto solo per le imbarcazioni dei più ricchi.