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Accordo internazionale Perché il trattato globale contro la plastica è così importante e perché non è stato raggiunto? 4 punti chiave di un “fallimento”

La plastica non rappresenta un problema ambientale solo quando galleggia negli oceani e soffoca gli animali marini. Questi materiali, per lo più derivati dal petrolio, sono presenti nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo, negli alimenti che mangiamo e, secondo la scienza, sono persino penetrati nel nostro sangue. Dall’inizio di agosto, un totale di 184 paesi si sono riuniti a Ginevra per tentare di dare vita al primo trattato globale giuridicamente vincolante per fermare questa invasione invisibile. Ma, contro ogni previsione e dopo due settimane di negoziati, venerdì scorso il dibattito è giunto a un punto morto e l’Assemblea delle Nazioni Unite ha deciso di rinviare i colloqui a incontri futuri. Il risultato ha suscitato grande malcontento tra i paesi e, come denunciato da diverse piattaforme, “è una vittoria per l’industria e una sconfitta per il pianeta”.

Il successore dell’Accordo di Parigi

Nel marzo 2022, durante l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente di Nairobi, un totale di 175 paesi hanno approvato all’unanimità una “risoluzione storica” in base alla quale tutti gli Stati del mondo si impegnavano a sviluppare un “trattato globale giuridicamente vincolante contro l’inquinamento da plastica”. Da allora, i governi si sono riuniti sei volte (in Uruguay, Francia, Kenya, Canada, Corea del Sud e ora a Ginevra) per cercare di concordare le basi di un accordo internazionale sul clima che, come hanno più volte sostenuto i suoi promotori, aspirava a diventare il secondo patto più importante dopo l’Accordo di Parigi contro l’inquinamento. L’obiettivo era quello di creare un quadro normativo per “ridurre l’impatto della plastica lungo tutto il suo ciclo di vita”, dalla produzione alla gestione, includendo questioni complesse come l’eliminazione delle microplastiche e la riduzione dei composti chimici potenzialmente pericolosi.

Scontro frontale tra due blocchi

Durante tutti i negoziati, il dibattito si è polarizzato tra due blocchi. Da un lato, una coalizione di oltre 100 paesi, tra cui i membri dell’Unione Europea, gli Stati insulari del Pacifico e diversi governi dell’America Latina e dell’Africa, ha difeso la necessità di un “accordo ambizioso” che stabilisse “limiti globali obbligatori” alla produzione di plastica, l’eliminazione della plastica monouso in tutto il mondo e il divieto dell’uso di sostanze chimiche potenzialmente pericolose nella produzione di questo materiale. Dall’altro lato, un blocco di potenze produttrici di petrolio guidato da Stati Uniti, Cina, Arabia Saudita e Russia ha difeso l’elaborazione di un trattato incentrato quasi esclusivamente sul miglioramento della gestione dei rifiuti e del riciclaggio. In entrambi i casi, le parti hanno mantenuto le loro posizioni e hanno affermato di non essere disposte a cedere su un accordo che non rispettasse la loro visione.

Una risoluzione neutra e tiepida che ha fatto arrabbiare tutti

Dopo due settimane di negoziati, il team che ha guidato i negoziati di Ginevra, guidato dal diplomatico ecuadoriano Luis Vayas Valdivieso, ha presentato una proposta di accordo così “neutra” e “tiepida” da non soddisfare nessuno. Il testo eliminava ogni riferimento alla limitazione della produzione globale di plastica, non menzionava il divieto di sostanze chimiche pericolose e riduceva il trattato a raccomandazioni per migliorare la gestione dei rifiuti e il riciclaggio. La proposta è stata definita “inaccettabile”, ‘deludente’ e persino “ripugnante” da governi come Colombia, Canada, Regno Unito e Unione Europea, che sostenevano un accordo molto più ambizioso. Anche paesi come gli Emirati Arabi non si sono dichiarati soddisfatti del risultato perché, affermano, “non riflette appieno la loro visione” e non è sufficientemente “equilibrato”. Il malcontento generale ha finito per vanificare l’approvazione del testo.

Influenza dei petro-Stati e delle lobby

Diverse piattaforme di esperti denunciano il blocco causato dai “petro-Stati” e dalle “lobby del settore” nella firma di questo accordo. Graham Forbes, portavoce di Greenpeace, afferma che “la grande maggioranza dei governi voleva concludere un accordo solido, ma si è permesso a un pugno di attori malintenzionati di utilizzare il processo per frustrare tale ambizione”. Tim Grabiel, avvocato ambientalista dell’Environmental Investigation Agency (EIA), sostiene che “gli Stati petroliferi hanno utilizzato tutte le tattiche sporche del manuale multilaterale per ritardare, ingannare, esitare e distruggere la possibilità di un trattato efficace sulla plastica”. Sulla stessa linea, diverse organizzazioni ambientaliste denunciano che la presenza di oltre 230 rappresentanti legati all’industria petrolchimica a questo vertice ha distorto i negoziati e, alla fine, è riuscita a “mettere il denaro davanti alla nostra salute e a quella del pianeta”.

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