Il Tribunale Provinciale di Valladolid ha condannato due fratelli, Carina ed Eliseo, a quattro anni di reclusione e a una multa di dodici mesi per frode aggravata nell’amministrazione dell’eredità del proprio padre, Luis Carlos. La sentenza, emessa dalla Sezione 4ª e sotto la presidenza del magistrato María Soledad Ortega Francisco, incide anche sulla ripartizione dell’eredità, dichiarando nulli diversi documenti societari fondamentali. Di conseguenza, la vedova di Luis Carlos, Araceli, e gli altri eredi, Flora e Constantino, vedono riconosciuti i propri diritti su una parte sostanziale del patrimonio familiare.
I due fratelli si sono appropriati della maggior parte dell’azienda di famiglia
La storia che ha portato a questa sentenza risale agli ultimi mesi di vita di Luis Carlos. Secondo quanto riportato nella sentenza, Carina ed Eliseo hanno ordito un piano per controllare la società patrimoniale DIRECCION000, di cui Luis Carlos era l’unico socio e amministratore. Approfittando delle fragili condizioni di salute del padre e dello stretto rapporto di fiducia che questi aveva con Carina, i fratelli hanno pianificato un aumento di capitale che ha permesso loro di acquisire la maggior parte della società. Con questa operazione, del valore di oltre 1,3 milioni di euro e realizzata con un esborso personale minimo, hanno estromesso gli altri eredi dal nucleo dell’eredità.
Carina, a capo della società di consulenza ALVADI ASESORES S.L., ha accompagnato il padre nel novembre 2021 presso un notaio a Valladolid, dove ha ottenuto la nomina a amministratrice unica dell’azienda di famiglia. Un mese dopo, il 10 dicembre, si è tenuta un’assemblea generale in cui, secondo il verbale, Luis Carlos e Carina hanno approvato l’aumento di capitale mediante l’emissione di sei nuove quote: tre per lei e tre per Eliseo. Entrambi hanno versato il denaro sul conto della società, ma il capitale è stato ritirato dagli imputati pochi giorni dopo.
La manovra non si è conclusa qui. Il 20 gennaio 2022, Carina ha reso pubblico l’accordo di ampliamento davanti a un notaio, anche se ha deciso di non iscriverlo nel Registro delle Imprese fino a oltre cinque mesi dopo. Quando la pratica è arrivata al registro, Luis Carlos era già ricoverato in ospedale ed è sopravvissuto solo altri tre giorni, morendo il 4 luglio dello stesso anno. Il tribunale descrive che tale operazione ha permesso ai fratelli di ottenere ciascuno “la proprietà di 3/7 delle attività della società”, riducendo in modo significativo il patrimonio ereditario da distribuire tra i diversi eredi.
Non solo è documentata la serie di manovre societarie, ma anche lo stato di vulnerabilità dello stesso Luis Carlos durante questi processi. La sentenza riporta le perizie del medico legale e del perito della parte civile, che concordano nel sottolineare che Luis Carlos presentava una “pluripatologia grave” e un “disturbo dell’umore che influiva sulla sua capacità di concentrazione e comprensione dell’operazione societaria”. La diagnosi includeva malattie come la sclerosi laterale amiotrofica, l’insufficienza renale e danni cerebrali.
Un altro punto centrale del caso è stata la veridicità delle firme sul verbale dell’assemblea generale. Due perizie si sono rivelate contraddittorie. L’agente della Polizia Nazionale incaricato delle indagini ha concluso che “non era possibile determinare che le firme attribuite a Luis Carlos fossero state apposte da lui stesso, né che entrambe le firme fossero state redatte dalla stessa persona”. Tale impossibilità di chiarire il dubbio ha portato la corte ad applicare il principio della presunzione di innocenza e ad assolvere gli imputati dal reato di falso in atto pubblico.
Hanno approfittato del “deterioramento fisico e psichico di cui soffriva il padre”
Al di là degli aspetti formali, la sentenza sottolinea chiaramente i veri motivi dei fatti: “La spiegazione va ricercata nell’interesse di entrambi gli imputati di impossessarsi del patrimonio del padre e rendere così inefficaci le sue disposizioni testamentarie, approfittando sia del deterioramento fisico e psichico di cui soffriva il padre, affetto da gravi malattie che lo rendevano altamente vulnerabile, sia della fiducia che Luis Carlos riponeva nella figlia”. Il tribunale ritiene che non vi fosse una reale giustificazione aziendale per l’operazione di ampliamento, ma l’unico scopo di alterare l’eredità.
A seguito delle sue conclusioni, la sentenza condanna Carina ed Eliseo per frode aggravata, ai sensi dei commi 5 e 6 dell’articolo 250 del Codice Penale, per il valore dell’importo defraudato e l’approfittamento dei legami familiari. Dichiara inoltre la nullità di tutto il complesso documentale: dalla nomina di Carina ad amministratrice, al verbale dell’assemblea e all’atto di aumento di capitale, passando per tutte le iscrizioni registrali derivanti da tali documenti. La sentenza mette inoltre agli atti l’impossibilità di attribuire – o escludere – la paternità delle firme controverse, affermando che “non è possibile giungere a conclusioni affidabili, per cui non si può né attribuire né escludere che Luis Carlos fosse l’autore delle due firme controverse. Il dubbio sull’autenticità delle firme non può essere dissipato con il resto delle indagini effettuate”.
L’effetto immediato della sentenza è la restituzione dei diritti successori alla vedova e agli eredi originariamente esclusi. La sentenza può essere impugnata dinanzi alla Sezione Civile e Penale del Tribunale Superiore di Giustizia di Castiglia e León entro dieci giorni dalla sua notifica.